La pianta centrale poggia su un ottagono ampliato a croce, che comporta due cappelle maggiori centrali munite di altare, che si aprono direttamente sulla volta centrale della chiesa, e sei cappelline radiali (tre per lato), tutte intercomunicanti, e voltate a botte. L’aula costituisce un tutt’uno, secondo i dettami gesuitici, secondo cui niente al suo interno deve distrarre l’attenzione del fedele dal “sacro mistero” che si svolge sul presbiterio.
Le pareti sono scandite da paraste d’ordine corinzio, ornate da fregi di foglie e figure umane, sormontate da un cornicione che percorre l’intero perimetro dell’aula.
Sulla sinistra, poco prima della cappella laterale maggiore, si osserva un sontuoso pulpito (opera del Pozzo) su cui è stato finemente intarsiato lo stemma della Compagnia di Gesù.
Appena al di sotto delle lunette si ammirano quattro tribune settecentesche di legno dorato di fine esecuzione, di paternità sconosciuta; che probabilmente han costituito il modello per la realizzazione a fine settecento della cantoria, posta al di sopra della bussola d’ingresso, decorata superiormente con angeli che suonano una viola ed un organo; qui troneggia un prezioso organo, in un primo tempo attribuito al napoletano Antonio Cimini, mentre recenti studi individuano forti analogie con gli organi realizzati nella prima metà del settecento dagli esponenti della famiglia napoletana dei Mancini.
Le pareti sono scandite da paraste d’ordine corinzio, ornate da fregi di foglie e figure umane, sormontate da un cornicione che percorre l’intero perimetro dell’aula.
Non disponiamo, invece, di alcuna indicazione riguardante la provenienza e la datazione delle stazioni della via crucis, mentre i due confessionali in noce sono di provenienza ligure.
Per certi versi tutto l’ambiente del nostro complesso è ricco di allusioni simboliche, di formato ridotto o ubicati in posizione elevata, e che rischiano di passare inosservate, come, ad es., i volti fitomorfi e i tralci di vite delle tribune; rette da dodici protomi, le inserzioni iconografiche dei capitelli e dei sottarchi (particolarmente elaborato l’intradosso soprastante la cappella di S. Ignazio); tutto ciò indice a ritenere che tante delle decorazioni che ornano la chiesa non siano casuali ma rispondano ad un preciso disegno ermetico.
Se dovessimo cercare i temi soggiacenti alle decorazioni, notiamo la ripetizioni di alcuni di essi, quali gli emblemi solari (rifacentisi al Sol invictus), la chiesa trionfante, il monogramma mariano, che uniti alle tele dei santi, agli emblemi della Compagnia, ai cherubini, fanno risaltare alcuni fondamenti teologici (lotta tra bene e male\ Cristo luce del mondo che dissipa le tenebre dell’ignoranza religiosa \ destino finale dell’uomo \ necessità della redenzione e della collaborazione umana); ovvero, emerge che l’arredo iconografico della chiesa svolga una funzione di supporto alle tesi cattoliche, in un’epoca in cui si dava grande spazio alla confutazione delle tesi protestantiche. Dunque, in piena corrispondenza con quanto i gesuiti esprimevano nell’architettura ecclesiastica in quella determinata temperie storica.