Facciata

La splendida facciata barocca, prospiciente oggi la via Azuni (un tempo dedicata a S. Michele), oltre a costituire un unicum nel panorama cagliaritano, non è comunque la facciata della chiesa, bensì, di tutto il complesso gesuitico, in quanto parallela rispetto all’asse della chiesa. Dal punto di vista stilistico rientra nei canoni del barocco spagnolo, con qualche sfumatura manieristica.

Presenta l’equivalenza di una struttura a retablo in muratura, composto da tre ordini; il primo di essi (quello inferiore) è composto da tre archi che immettono in un portico (protetto da una cancellata in ferro costruita nel 1893) suddiviso in tre campate voltate a crociera. Il secondo ordine, è tripartito come il precedente da colonne corinzie scanalate, che suddividono la superficie in tre riquadri, in ciascuno dei quali è inserita una finestra, particolarmente elegante a motivo della cornice composta da cariatide con gonna drappeggiata, che regge un architrave con timpano spezzato.

Facciata della chiesa di san Michele a Cagliari il 1 maggio durante il passaggio dei miliziani per la processione di S. Efisio

In corrispondenza del vertice dei timpani, sono posti tre stemmi: ai lati compaiono quelli dei benefattori già citati; al centro si ha l’emblema della Compagnia. Lo IHS comparve già in epoca antica quale iniziale greca del nome di Gesù; successivamente nel medioevo, si perse la sua origine e la sua sigla fu sciolta come «Iesus Hominum Salvator». A caratterizzare la gesuiticità di questo trigramma, dagli altri in uso, fu l’inserzione dei tre chiodi della croce e, talvolta, del “Cuore di Cristo”.

Alla sua destra troviamo lo stemma di mons. Giovanni Sanna: un cinghiale sottostante una quercia, sovrastata dal cappello vescovile. Lo stemma a sinistra appartiene al Dessì: su quattro quarti rappresentanti: un’oca, una corona d’alloro, sei cuori, uccello con cartiglio nel becco). Questi stemmi sono ripetuti sopra gli arconi della cupola, mentre quello del Dessì appare anche sulla porta d’ingresso della sacrestia.

Particolare della statua marmorea (1707) di S. Michele Arcangelo
Stemma del benefattore Francesco Angelo Dessì (alla sinistra della facciata)

 

L’ordine superiore, sormontato da un timpano triangolare, presenta al centro una nicchia contenente la statua marmorea settecentesca di San Michele Arcangelo. Essa fu collocata nel 1707 dalle stesse maestranze che realizzarono l’altare. La statua proverrebbe da Genova (per cui è da sfatare la notizia dello Spano che la riteneva proveniente da un blocco di marmo ritrovato nell’area della casa di Tigellio).

Entrati nel portico, in pratica un vestibolo, a destra si erge una scalinata a rampa unica che immette in chiesa attraverso un portale marmoreo (che fu l’ultima decorazione – marmorea – ad essere realizzata attorno al 1752); l’architrave è sormontato da volute ornamentali a doppia inflessione, che racchiudono l’ennesimo trigramma gesuitico, che viene ripetuto sistematicamente nel complesso, sino a raggiungere, pur in diverse varianti, le 78 presenze.

Ovviamente la presenza dell’IHS sulla porta d’ingresso, oltre a costituire un rimando alla chiesa madre dei gesuiti, la “Chiesa del Gesù” di Roma, simbolicamente vuole rimarcare la famosa citazione giovannea «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo» [Gv 10,9], a significare la pienezza di vita che attende chi varca le sacre porte. A sottolineare questo senso, il tema viene ripreso in tutte le diciotto porte di comunicazione alle cappelle laterali.

Non visitabili, si trovano sul tetto due campanili a vela, uno di dimensioni ridotte prospiciente il chiostro dell’ex noviziato; nell’altro, recentemente restaurato in copia conforme all’originale, fanno ancora mostra di sé le due preziose campane settecentesche, ricche di rilievi gesuitici oltre che S. Michele.
In ultimo va osservato che la chiesa nel corso del novecento è stata oggetto di diversi interventi, in modo particolare va citata la campagna di restauro svoltasi tra il 1987-95, di carattere conservativo, ad opera della Soprintendenza, che oltre a risolvere alcuni problemi strutturali, ha praticamente interessato tutto l’arredo della chiesa, permettendoci oggi di fruire di questo eccezionale patrimonio artistico.

 

Pulpito di Carlo V - Chiesa di san Michele a Cagliari

Addossato sulla parete di fondo dell’atrio si ammira il pergamo calcareo detto di Carlo V. Non è originario, in quanto proveniente dalla chiesa dei Frati minori conventuali di S. Francesco al Corso (demolita attorno al 1875), e ri-assemblato in questo atrio nel 1892. Il nome deriva dalla tradizione secondo cui l’imperatore Carlo V, nel 1535 di passaggio a Cagliari e diretto a Tunisi con una flotta allestita contro il pirata barbaresco Khair-ed-Din detto il Barbarossa, avrebbe ascoltato messa da questo pergamo. Così come riportato dall’iscrizione in latino che circoscrive tutto il pergamo, e che va così sciolta:

A[nno] MDXXXV XI lunii Carolo V Philippi C. A[ugusto] Cruce Muni/to ab Hispania Classi Ingenti Karalim Ingresso Citoq[ue] Victa Tuneto Tu[n]c Hoc Sculp/tum A Bartho[lomaei] Vi[n]doti Fr[atr]is Minoris theologi[a]eq[ue] Probi Doctoris Cura et […].

L’opera su pianta rettangolare; anteriormente è (oggi) sostenuta da quattro colonne con capitelli barocchi; mentre posteriormente poggia su quattro mensole decorate. Spiccano al centro le figure di S. Paolo e di un’aquila con i soprastanti leggii, che suddividono il parapetto in tre quadri, ornati dai classici elementi della decorazione barocca.

Foto notturna della facciata della chiesa di san Michele a Cagliari

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