Nonostante gli ottant’anni occorsi per la realizzazione della chiesa stampacina e l’assenza del suo progetto originale, possiamo ugualmente intuire che dietro la sua costruzione aleggia un disegno unitario che fu portato avanti dai diversi rettori del complesso gesuitico.
Senz’altro la chiesa rappresenta un esempio di architettura che è riuscita molto bene a conciliare sia le istanze liturgiche e catechetiche gesuitiche, sia gli elementi della cultura barocca.
Alcuni temi, risultano più rappresentati rispetto ad altri, più occasionali, e costituiscono un vero percorso di fede che accompagna il fedele dall’ingresso sino al termine della sacrestia.
È stato rilevato che questi percorsi sono caratterizzati dal tema della grazia che colma e vivifica il mistero della vita umana; e che troviamo presente nei santi ritratti nelle tele, tutti rappresentati in un qualche momento topico della loro vita; lo troviamo nel percorso mariano, la “tutta santa” per eccellenza che accoglie il fedele all’ingresso con la sua Annunciazione e lo conduce sino alla rappresentazione della Immacolata Concezione. Troviamo presente questo mistero nella costante presenza angelica, ed anche nelle innumerevoli rappresentazioni del nome di Cristo.
Gli angeli costituiscono un tema ricorrente in ogni ambiente della chiesa, intitolata non a caso all’arcangelo S. Michele, capo delle milizie angeliche.
Come spiegarci questo tema apparentemente poco attuale? Ricordiamo che gli angeli condividono con noi la stessa paternità: siamo figli di Dio. Dunque, quali “fratelli maggiori” essi non si disinteressano della sorte umana, ma si fanno compagni di viaggio, messaggeri di Dio, e ne segnano la vicinanza soccorritrice; liturgia, si condivide con essi l’inno del Sanctus.
Tutto ciò secondo la nota indicazione biblica: «Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce» (Es 23, 20-21).
Alla luce di quanto esposto in precedenza, intuiamo come i dipinti originari delle cappelle erano concepiti oltre che come ciclo artistico anche come programma catechetico dedicato a Gesù, a Maria, e ai principali santi dell’ordine, il che poteva fornire ai predicatori diversi spunti di meditazione. Jean-François Régis e Francesco de Geronimo sono entrambi missionari popolari che il calendario liturgico associa nella celebrazione (2 luglio).
La figura di S. Francesco Saverio ha esercitato una forte attrazione sui giovani che desideravano emulare le sue gesta missionarie (non a caso sono oltre 400 i gesuiti sardi, che aspirarono ad essere destinati alle “Indie”, definiti perciò indipetae). S. Luigi Gonzaga e S. Stanislao Kostka rappresentavano entrambi dei modelli vocazionali per i giovani novizi gesuiti.
S. Francesco Borgia e anche S. Luigi Gonzaga ben rappresentavo quel cammino di ascesi e di rigetto degli onori mondani a cui il religioso gesuita è chiamato. I martiri giapponesi sono gli esponenti vittoriosi di quella lotta tra le tenebre e la luce, a sua volta ben documentata nell’iconografia del sole, più volte rappresentato nei capitelli e nei sottarchi.
Si può constatare infine che il nome di Gesù non sia solo il soggetto dell’affresco centrale della sacrestia, ma il tema portante di tutta la chiesa e dei suoi arredi, dalla facciata all’interno, dagli altari alle porte; quasi il suo fondamento (ben 78 rimandi ad esso!), questo trionfo ricorda al credente il nucleo centrale della “buona notizia”: solo Cristo salva, e nel suo nome è possibile vincere il male che ci circonda.
La visita guidata alla chiesa si conclude davanti alla statua dell’Immacolata e sotto l’affresco del trionfo del nome di Gesù; quasi a ricordare che quella lotta ci riguarda personalmente. Non siamo spettatori disinteressati, ma attori protagonisti.
Nella lotta tra il bene e il male, la Madre di Cristo è un segno di speranza. La sua fragilità di donna incinta, è in realtà segno di fecondità che si erge contro il drago del male e della violenza. Alla fine vince chi accetta di “perdersi” secondo una logica di amore e di donazione. Essa ci invita a schierarci con lei e a non temere, anche se i flutti del fiume descritto nel libro dell’Apocalisse ci assediassero e volessero inghiottirci, la vittoria finale appartiene a quanti vivono nella fedeltà e nella speranza nella misericordia di Dio.
Dunque, siamo alla presenza di un percorso in cui ci sono stati additati diversi testimoni di santità, che ci hanno preceduto nel pellegrinaggio terreno, e che ora intercedono per noi. La loro vittoria è caparra della nostra.
Un ruolo particolare riveste per noi Maria; le rappresentazioni che ne troviamo, ce la additano non come un modello irraggiungibile, bensì come la Donna pienamente redenta, non per virtù propria ma per grazia; colei che col precederci nel nostro pellegrinaggio terreno, ci assicura che anche noi, un giorno, pienamente redenti, come lei, saremo destinati alla identica pienezza di vita.